Safara: il viaggio come forma di senso, la solidarietà come modo di abitare il mondo

La forza della solidarietà raccontata tra le terre rosse della Tanzania. Ogni gesto, una storia. Ogni immagine, una promessa.

Ci sono immagini che non hanno bisogno di spiegazioni, poiché già racchiudono al loro interno un significato denso, condiviso, universale. Safara, girato in Tanzania e prodotto da TakeMeBack, è un racconto visivo costruito attraverso frammenti di realtà che si caricano di significato. Immagini che non solo documentano, ma evocano. 

Il film nasce dall’idea di raccontare una missione dei volontari di TakeMeBack, ma finisce per parlare di qualcosa che riguarda chiunque: il bisogno di sentirsi parte di qualcosa che va oltre sé stessi. La colonna sonora originale – premiata al Muses Film Awards – accompagna le scene come una voce che non spiega, ma suggerisce, lasciando spazio all’interpretazione di chi guarda.

Safara è una narrazione simbolica. Il viaggio dei Corrieri Solidali diventa una forma di scrittura. O, per usare le parole di Roland Barthes (saggista e semiologo francese che ha indagato il modo in cui la cultura trasforma la realtà in simboli) un mito moderno. L’autore scriveva che “il mito è una parola che viene rubata e poi restituita”, e qui, la parola solidarietà viene sottratta alla retorica per essere restituita alla vita reale.


In Safara, ogni incontro è una forma di ascolto reciproco. C’è il rumore della strada, il ritmo lento dei giorni, la polvere che si alza e si deposita sugli zaini, sui sogni, sui progetti. In Safara, il viaggio è fatto di piccole sospensioni, di frammenti di quotidianità che si trasformano in senso.

È proprio nell’ordinario che si nasconde il segno più profondo: la solidarietà, qui, non è l’eccezione, ma la norma possibile. È una struttura invisibile che tiene insieme le relazioni, i paesaggi, le attese e i ritorni.

Safara è assenza di retorica. Nessuno spiega cosa sia la solidarietà: si mostra. E proprio in questo gesto semplice, si fa spazio una riflessione più ampia. Barthes ci ricorda che ogni oggetto può diventare “mito” se caricato di senso. Safara, allora, non è un’opera autocelebrativa: è un dispositivo culturale che restituisce forma visibile a un’idea condivisa. Non tanto “fare del bene”, ma stare bene insieme.

Con i riconoscimenti ottenuti al Muses Film Awards – “Best Original Soundtrack” e “Best First Time Filmmaker”Safara ha trovato una conferma: raccontare storie autentiche ha ancora valore.

Se c’è una morale in Safara, è questa:

La solidarietà non si esaurisce in un gesto. È un linguaggio. È un modo di abitare il mondo.

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